PERCHE’ LA SANITA’ ITALIANA CI SALVERA’ E PERCHE’ IO MI MUOVO (IN SICUREZZA E SECONDO LA LEGGE)

Mi chiamo Lorenzo Tiezzi, ho 48 anni e faccio un sacco di sport, tutti abbastanza male. I miei genitori da bambino e da ragazzino me li hanno fatti fare un po’ tutti, con scarsi risultati. Ho pure giocato a pallanuoto e fatto con grande passione l’istruttore di nuoto per anni e il bagnino. Oggi faccio ultra trail (corsa in montagna di lunga distanza, tipo 30 ore di gara), faccio schifo ma mi piace. Sono sempre stato sano, come diceva la mia mamma. “voi sani”, diceva la mia mamma.

Siccome siamo tutti preoccupati, con ragione, per questo virus di melma, volevo scrivervi perché è giusto esserlo. Ma non è giusto essere disperati. Io seguo ogni disposizione e ho paura. Ma non sono nel panico. La situazione è difficile, anzi gravissima, ma non tragica.

Non sono nel panico perché a differenza di molti, purtroppo, conosco bene l’efficienza della sanità italiana pubblica. A 24 anni ho fatto 10 mesi di servizio civile in un ospedale E soprattutto, se la sanità non fosse pubblica quando si tratta di salvarti la vita, io sarei sicuramente in mezzo a una strada. 

La mia mamma è morta a 67 anni dopo decenni di problemi polmonari cronici. Doveva fare ogni giorno la ginnastica respiratoria per far funzionare i polmoni. A letto. Per questo so quasi tutto di tosse e affini. Con tanti piccoli problemi e un esercito di angeli che l’hanno accudita, è state curata bene. Subito prima di morire, sembrava stesse meglio e stavo discutendo di una clinica di convalescenza. Invece non ce la fece. Le ultime ore furono ovviamente terribili ma le vivemmo tutti insieme, in famiglia. Per questo chi se ne va oggi da solo mi mette una pena infinita. So cosa vuol dire. Come tanti. Come troppi. Secondo me molti di noi non sono nel panico, perché hanno visto cosa succede negli ospedali. Sono bravi, negli ospedali.

Il mio babbo invece c’è ancora sta bene. Ha avuto tanti di quei ricoveri: prima il ginocchio sinistro distrutto per un incidente mi sembra a trent’anni, poi un gravissimo incidente in Africa nei primi anni ’80. Fatto trasportare a Roma da mio zio pilota con un volo di fortuna (visto che quello di Europe Assistance non arrivava e perdemmo pure la causa – fidati sempre dei privati), fu operato al Gemelli. Fu uno dei primi ad essere operato per un trauma spinale: gli misero due barre d’acciaio nella schiena (poi estratte dopo un paio d’anni) e ci dissero: NON RICAMMINERA’ MAI. Dopo un anno o un po’ di più camminava. Male ma camminava. Ricordo che le infermiere facevano entrare me me mia sorella di nascosto al CTO a Firenze, perché i bimbi non potrebbero entrare, ma se li tuo babbo in ospedale ci deve stare un anno… Qualche tempo fa, il mio babbo che ha ormai più di 80 anni, ha avuto una terribile caduta ed è stato a lungo in bilico tra vita e morte. Ma alla fine, dopo una convalescenza lunghissima, ce l’ha fatta. E non è manco più in carrozzina. Cammina. Male, con il bastone, ma cammina. Ed è a casa sua.

Il mio babbo è tosto, come era la mia mamma, ma se hanno avuto una vita degna di essere vissuta è grazie alla sanità italiana che quando si tratta di salvarci la vita è gratuita.

Questo virus è uno schifo e i medici fanno bene a lamentarsi, ma sono tra i più bravi al mondo. Anzi, sentiamo soprattutto politici a lamentarsi. I medici e i manager sanitari tacciono. Lavorano. I virologi (che sono scienziati più che medici, nel senso che fanno ricerca ma non curano pazienti, credo) si lamentano e fanno pure bene. I dottori e gli infermieri tacciono e salvano le vite. 

Fanno quasi miracoli o quasi. Molti dei morti hanno patologie pregresse, non possono salvare tutti, ma fanno cose che da qui, da casa nostra, sembrano impossibili. Le fanno tutti i giorni. Oggi ancora di più. 

Per questo, se proprio dovessi ammalarmi di una cosa, vorrei farlo qui, anche oggi con la situazione di melma in cui siamo.

Chiudo con l’importanza del movimento, per me. 

Quando andavo a trovare la mia mamma che come noi oggi aveva sempre in casa le mascherine, mi diceva sempre esci tu che puoi. Quando il mio babbo era in difficoltà incredibili, dopo aver fatto la notte in ospedale, andavo a correre un po’. Poco e male. Mi muoverò sempre, finché vivo. Poi creperò e starò fermo.

So che muovere il corpo mette un po’ in asse anche la mente. E oggi ne abbiamo bisogno tutti. Anche oggi è possibile farlo, stare all’aperto un po’. E allora io mi muovo. Dormo poco e male, poi mi alzo e corricchio, male e piano. Da solo. Quello che faccio non è illegale. NON siamo in quarantena tutti.

Non consiglierei a nessuno di iniziare a correre oggi: oggi è dura. Non è gioia. E’ necessità. Ma a me serve. 

Vedo che chi si muove un po’ è comunque il problema. Non lo è la sedentarietà / obesità (che uccide una persone ogni 10 minuti, oggi in Italia). Non è chi continua a fumare con questa tragedia in atto… ed è giusto sia così. ognuno fa quello che gli pare, purché sia legale. 

Immagino che avere un bersaglio facile (il runner) serva comunque scaricarsi. Fatelo se vi va. Io continuo a correre, pianissimo, finché sarà possibile e legale. Offendetemi, se vi serve, io me ne fotto e corro. Piano e male. Perché è legale. Non fosse legale non lo farei.

Se domattina al Parco Tarello a Brescia alle 6 ci sarà troppa gente, tornerò subito a casa e il giorno dopo ci andrò alle 4. Se alle 4 di mattina sarà pieno, ci andrò alle 2 di notte, in sicurezza. Se ci sarà troppa gente anche alle 2, starò a casa contento del fatto che comunque qualcun altro ha capito che muoversi anche oggi in questo periodo di melma muoversi fa bene.

Lorenzo Tiezzi lt@lorenzotiezzi.it